La mente in movimento: il corpo come risorsa chiave nei contesti educativi e professionali
Viviamo tempi in cui la mente ha parole per tutto, ma il corpo ha smesso di parlare. Un tempo in cui sappiamo “tutto” sul benessere, eppure sempre più spesso ci ritroviamo dis-regolati, disincarnati, dis-connessi. La mente analizza, la testa corre, la pancia stringe, il respiro si spezza. Ma se ci fermiamo solo un attimo ci accorgiamo che non è la mente a essere frammentata. È che stiamo cercando di sopravvivere in un mondo che ha dimenticato il ritmo umano.
UMANITÀ AUTENTICA
Francesca Peruzzi
12/4/20256 min read


Viviamo tempi in cui la mente ha parole per tutto, ma il corpo ha smesso di parlare. Un tempo in cui sappiamo “tutto” sul benessere, eppure sempre più spesso ci ritroviamo dis-regolati, disincarnati, dis-connessi.
La mente analizza, la testa corre, la pancia stringe, il respiro si spezza. Ma se ci fermiamo solo un attimo ci accorgiamo che non è la mente a essere frammentata. È che stiamo cercando di sopravvivere in un mondo che ha dimenticato il ritmo del corpo.
01. La mente è incarnata
Per lungo tempo, la mente è stata pensata come qualcosa di separato dal corpo. Le neuroscienze oggi lo smentiscono radicalmente: pensieri, emozioni, decisioni nascono da circuiti corporei profondamente intrecciati.
Corpo e mente non sono separati: dialogano, danzano, si trasformano insieme.
L’Embodied Cognition ci ricorda che non “abbiamo” un corpo, bensì siamo corpo. Ogni gesto, postura, sguardo, respiro contribuisce a costruire la nostra percezione di sé, la lettura delle relazioni, le modalità di risposta a eventi nuovi, stress o traumi.
Attraverso il movimento consapevole e la percezione interiore, riattiviamo intelligenze antiche - emotiva, intuitiva, relazionale - che non possono emergere solo con la parola o l’analisi cognitiva. Quando risvegliamo la capacità di sentire da dentro, non solo capiamo meglio come stiamo: ci regoliamo, ci relazioniamo, ci ricordiamo di noi.
Uno dei concetti cardine a riguardo è l’interocezione: la capacità di percepire segnali interni come battito, respirazione, tensioni, vuoti, “nodi allo stomaco”.
Il nostro sistema nervoso è come un animale antico: cerca sicurezza più che felicità, e quando ci sentiamo in pericolo (anche solo percepito), il corpo sceglie tra fuga, lotta, o congelamento.
Il corpo parla sempre, ma ci siamo disabituati ad ascoltarlo.
Allenare l’interocezione (attraverso respiro, movimento, pause consapevoli) permette di riconoscere precocemente segnali di allarme, modulare risposte emotive automatiche, scegliere come agire, invece di reagire in preda al sistema limbico.
02. La mente è movimento
Il cervello non è un oggetto statico. È un sistema dinamico, vivo, modificabile: neuroplastico. Ogni gesto consapevole, ogni respiro portato a termine, ogni pausa attraversata con presenza cambia attivamente le connessioni neuronali, disattiva schemi di ipercontrollo, dissociazione, iperattivazione. Crea nuovi pattern di autoregolazione, apertura e creatività.
Nel paradigma somatico, il corpo non è un veicolo, è il luogo in cui la storia emotiva si scrive, si conserva, e può essere trasformata. Possiamo quindi allenare tre sistemi chiave con pratiche incarnate:
Il sistema limbico - gestisce emozioni, ricordi impliciti, reazioni rapide - si regola attraverso contatto, ritmo, suono, movimento rituale.
La corteccia prefrontale - responsabile di attenzione, consapevolezza, scelta intenzionale - si allena attraverso mindfulness dinamica, slancio creativo e pratiche di presenza.
L' asse HPA (ipotalamo-ipofisi-surrene) - media la risposta allo stress cronico - si regola attraverso pratiche psicofisiche lente e sicure.
03. Ristabilire la connessione
Se dopo una formazione ci ricordiamo solo il contenuto, ma il nostro sentire nel corpo e le nostre percezioni relazionali sono rimaste uguali, allora non abbiamo appreso, abbiamo solo archiviato.
Molti modelli formativi ancora oggi trattano il corpo come un veicolo passivo: “Stai fermə. Ascolta. Prendi appunti. Capisci.”
Ma capire non è integrare. Sapere non è incarnare.
La formazione frontale, razionale, performativa limita radicalmente le possibilità di interazione e connessione. Perché non si può costruire relazione se il corpo è fuori dalla stanza.
Qualcosa è stato dimenticato, l'elemento trasformativo umano: la connessione, lo “stare insieme” che calma, regola, accoglie. Non siamo qui solo per “migliorare”, siamo qui per ricordare.
La neuroplasticità ci ricorda che il cervello cambia, e anche che non possiamo cambiare da solə. Le nuove connessioni neurali non nascono da pensieri positivi, ma da esperienze profonde, incarnate, ripetute nel tempo.
Non è il singolo gesto che trasforma, ma il campo che quel gesto rende possibile.
Il corpo, quando è al centro di esperienze formative: non chiede di essere convinto, chiede di essere coinvolto. Ed è lì, in quel coinvolgimento, che nasce la connessione autentica, per ricordare come si sta in relazione.
04. Dalla comprensione razionale alla trasformazione incarnata
Molti approcci alla formazione, crescita personale o benessere ruotano attorno alla mente, alla parola, all’intelletto. Questa logica, radicata nell’estrazione, nella performance, nella separazione, lascia fuori parte della nostra esperienza.
Il paradigma Embodied riporta il corpo al centro, come architrave, non optional. Affonda le sue radici in scienza, neuroscienze, psicologia somatica, tradizioni artistiche e rituali antichi; è un invito a riconoscere la nostra soglia sensibile, lì dove il potenziale, la creatività, la memoria, le esperienze dolorose possono essere accolti e trasformati. Offre atti di co-emersione dove non si “corregge” il comportamento: si co-sente il campo relazionale.
La psicologia somatica ci invita a:
conoscere come autoregolarci: sentire la propria soglia di stress e non superarla per “performare bene”
distinguere re-azioni automatiche da risposte di azione consapevole
lasciare che il gesto insegni, il respiro elabori, la postura trasformi.
Le esperienze somatiche sono uno spazio in cui il sapere emerge dal corpo in relazione, non dalla testa solitaria. Perché, solo in stato di sicurezza possiamo accedere alla parte del cervello che apprende davvero.
05. Esperienze trasformative: che cosa accade concretamente
La trasformazione per me non è un concetto astratto, è un processo che coinvolge corpo, mente, emozioni e relazioni, un sistema integrato che chiama in vita quell’umanità autentica che troppo spesso restiamo tentati di relegare fuori dal nostro spazio quotidiano.
Le esperienze trasformative che progetto operano come soglie verso un’altra modalità di essere. In questi spazi:
Il corpo riacquista voce. Le sensazioni interne, respiro, tensioni, mobilità e quiete tornano a fare da guida. Questo lavoro di “interocezione allenata” migliora la consapevolezza di sé e rafforza l’equilibrio psicofisico.
La mente non è chiamata solo a “comprendere”, ma a sentire e sperimentare. Attraverso il movimento consapevole, la sperimentazione creativa e l’espressione di sè, si attivano meccanismi di regolazione emotiva, rilascio somatico, ricontatto con parti spesso ignorate di sé.
Si crea relazione, con sé, con gli altri, con lo spazio. La trasformazione non è individuale, ma comunitaria: la condivisione, la presenza reciproca, il sostegno collettivo diventano terreno fertile per evolvere insieme.
La creatività non è un abbellimento ma un meccanismo biologico, relazionale e trasformativo. La mente incarnata che apre spazi per immaginare, esplorare, giocare con la realtà, una via di accesso al possibile: una danza tra dentro e fuori, tra gesto e visione, tra “chi siamo” e “chi potremmo essere se ci dessimo il permesso”.
Quando si impara “con il corpo”, non memorizziamo concetti: riattiviamo tessiture già presenti: posture, tensioni, respiro, ritmo interno. Questo apre sentieri verso cambiamenti profondi e duraturi.
La trasformazione non dipende da quanto abbiamo “capito”, ma da quanto abbiamo sentito e vissuto.
In questo senso, le esperienze Moving Mind non sono training: sono una rievocazione, un richiamo a ciò che eravamo prima di imparare a stare frammentati.
06. Il gruppo in presenza come leva trasformativa
La comunità trasforma. Essere accolti, visti, mossi insieme, in uno spazio sicuro di ascolto, creatività, vulnerabilità, significa dare forma a nuovi equilibri, nuove possibilità, nuove direzioni.
Il corpo, quando è al centro di esperienze: non chiede di essere convinto. Chiede di essere coinvolto. Ed è lì, in quel coinvolgimento, che nasce la connessione autentica:
"Siamo qui per ricordare come si sta in relazione."
Nel nostro approccio, la formazione è una coreografia creativa e relazionale. Ogni persona è invitata a sentire prima di capire, esplorarsi, ritornare all'essenza, entrare in relazione con se stessə e con gli altri.
Quello che accade nei laboratori esperienziali con Moving Mind non si “capisce”. Si vive, si muove dentro, si sente dopo, si sente insieme. Sono esperienze che aprono soglie, costruiscono ponti tra ciò che sentiamo e ciò che diventiamo. La mediazione creativa consente di regolarci, ritrovarci, ri-immaginarci.
00. Restare umani nella complessità
Viviamo tempi che chiedono molto, tempi in cui sappiamo nominare emozioni, ma fatichiamo a sentirle davvero. Viviamo in un mondo che corre, che misura, valuta, ottimizza. Un mondo che ci spinge a fare incessantemente, dove la performance è una narrazione predominante rispetto a quello che il corpo chiede: presenza, ritmo, relazione, autenticità.
Le esperienze trasformative non promettono “felicità standard”, “boost di produttività” o “soluzioni istantanee”. Offrono, con ritmo umano, con cura e con presenza, la possibilità di riconnettersi con il sé, con gli altri, con i processi creativi interni, con il potenziale autentico individuale e di gruppo.
In un’epoca che ci chiede di resistere, correre, produrre, scegliere di fiorire è un atto radicale. Non si fiorisce da solə. Non si fiorisce nella fretta. Fiorire è un processo incarnato, relazionale, ciclico. Vuol dire lasciare che qualcosa di nuovo e autentico prenda forma.
Moving Mind è un paradigma, un metodo e un ecosistema relazionale che offre spazi generativi in cui ri-vivere l'umanità incarnata, creativa, relazionale.
Spazi generativi in cui scienza, arte e pratiche antiche si incontrano.
Siamo un catalizzatore di trasformazione esperienziale. Coltiviamo autenticità e consapevolezza, non come obiettivi da raggiungere, ma come qualità da risvegliare. Facilitiamo lo sviluppo del potenziale autentico.
Un potenziale che si schiude quando diventiamo capaci di sentire, nel corpo, nella relazione e nella complessità, che è possibile vivere interi e presenti.
Coltiviamo il benessere non come traguardo individuale, ma come un’ecologia condivisa. Dove la complessità non si risolve, ma si attraversa insieme.
Moving Mind è la mia risposta alla complessità del presente.
Un metodo. Un ecosistema. Un movimento.
È una via di ritorno a casa: la casa che custodisce l’incanto della nostra natura.
Francesca Peruzzi
Human disclaimer
Moving Mind non è un prodotto da acquistare, ma un processo da abitare. Una cultura da coltivare insieme. Un campo vivo in cui si sperimenta, si ascolta, si evolve.
Se senti che questo modo di lavorare, formare, apprendere, curare, relazionarsi ti risuona.
Scrivici. Incontriamoci. Progettiamo insieme:
Percorsi pilota
Formazione per team o comunità
Laboratori trasformativi a mediazione artistica e corporea, unicamente in presenza
Format su misura per festival, aziende, spazi di cura.
Coltiviamo contesti che nutrono. Co-creiamo possibilità per fiorire, insieme.
Grazie per esserci.
Francesca Peruzzi | Wellbeing Creative Director | Psicologa, Artista, Danzamovimento terapeuta.
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