Trauma: radici spezzate e ali serrate - il dolore che unisce
Il trauma non è solo un ricordo doloroso: è una forza invisibile che modella le nostre vite. Influenza come amiamo, come costruiamo legami e come interpretiamo il mondo. Non sempre lo vediamo, ma spesso ne sentiamo il peso nel corpo, nelle relazioni e nella società. Il trauma ci blocca, divide il “prima” dal “dopo” e rompe il filo che tiene insieme la storia personale. Ci si sente senza radici — scollegati dalle proprie origini — e senza ali — incapaci di immaginare possibilità nuove. È come vivere sospesi, mentre il resto del mondo continua a muoversi.
Francesca Peruzzi
9/1/20254 min read
Il trauma non è solo un ricordo doloroso: è, come scrive il medico e psicoterapeuta Gabor Maté, una forza invisibile che modella le nostre vite. Influenza come amiamo, come costruiamo legami e come interpretiamo il mondo. Non sempre lo vediamo, ma spesso ne sentiamo il peso nel corpo, nelle relazioni e nella società.
I volti silenziosi del trauma
Il trauma ha tante forme, e ognuna lascia tracce diverse:
Trauma familiare: violenze, trascuratezza, dipendenze che segnano l’infanzia.
Trauma transgenerazionale: il dolore non elaborato che passa da una generazione all’altra.
Trauma sociale: discriminazioni, povertà, esclusione.
Trauma collettivo: guerre, attentati, terremoti, pandemie che colpiscono intere comunità.
Pensiamo al crollo di fiducia che ha seguito la pandemia di Covid-19, alla paura diffusa dopo l’11 settembre o al senso di precarietà generato dai terremoti in Italia e dai conflitti nel mondo oggi. Sono ferite che restano nella memoria collettiva e che influenzano anche chi non ne è stato direttamente vittima.
Il corpo che dice “stop”
Il trauma non resta confinato nella psiche. Il corpo stesso diventa testimone: ansia, insonnia, malattie autoimmuni, disturbi cronici. È il corpo che dice “no” quando la mente non riesce più a reggere il peso delle ferite invisibili. Il trauma ci blocca, divide il “prima” dal “dopo” e rompe il filo che tiene insieme la storia personale. Ci si sente senza radici — scollegati dalle proprie origini — e senza ali — incapaci di immaginare possibilità nuove. È come vivere sospesi, mentre il resto del mondo continua a muoversi.
La neurobiologia del trauma
La ricerca neuroscientifica ci mostra cosa accade nel cervello durante e dopo un trauma. L’amigdala, la centralina della paura, resta in stato di allerta continua; l’ippocampo, che regola memoria e orientamento temporale, fatica a collocare l’evento nel passato, mantenendo viva la sensazione che il pericolo sia ancora presente; la corteccia prefrontale, che normalmente ci aiuta a regolare emozioni e pensieri, perde efficacia. Questo squilibrio spiega perché chi ha vissuto un trauma si sente intrappolato in un “presente nebuloso” di paura e fatica a immaginare il futuro. La ferita non è solo psicologica: è una vera frattura neurobiologica che coinvolge corpo, mente e memoria.
I disturbi post-traumatici
Non tutti i traumi diventano malattia, ma in alcuni casi danno origine a veri e propri disturbi post-traumatici. Vediamone i principali:
Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD): caratterizzato da flashback, incubi, ipervigilanza e forte evitamento dei ricordi traumatici.
Disturbo da Stress Acuto (ASD): simile al PTSD ma insorge subito dopo l’evento e dura poche settimane.
Disturbo Post-Traumatico Complesso (C-PTSD): tipico di chi ha vissuto traumi ripetuti e prolungati (abusi, violenze, guerre), con sintomi che includono dissociazione, difficoltà relazionali e profonda alterazione dell’immagine di sé.
Questi disturbi, che hanno un impatto enorme sulla vita quotidiana, saranno trattati in modo più approfondito nei prossimi articoli, con un’analisi delle differenze, dei sintomi e dei percorsi terapeutici oggi disponibili.
Oltre la ferita: la crescita possibile
Eppure, non c’è solo distruzione. Esiste la Crescita Post-Traumatica (Post-Traumatic Growth, PTG): dopo un evento traumatico, molte persone sviluppano maggiore empatia, relazioni più autentiche e un rinnovato senso della vita. In termini junghiani, il trauma è il nigredo alchemico, la fase oscura e caotica che può preparare una rinascita interiore.
Uno studio condotto da Prati e Pietrantoni (2006) ha dimostrato come il sostegno sociale, le emozioni positive e strategie di coping attivo possano favorire la crescita post-traumatica dopo esperienze dolorose. Una meta-analisi successiva ha confermato che terapia, spiritualità e rete di supporto sono fattori chiave per trasformare il trauma in occasione di cambiamento positivo.
La pandemia di Covid-19 ha mostrato chiaramente le due facce del trauma collettivo: da un lato isolamento, ansia e perdita di fiducia; dall’altro nuove forme di solidarietà, resilienza e riscoperta della comunità. Lo stesso vale per i terremoti in Abruzzo o in Emilia: hanno portato macerie, ma anche reti di sostegno, nuove forme di convivenza e senso di appartenenza.
Radici e ali: verso una rinascita
Se il trauma nasce in relazione — in famiglia, nella società, nella storia — anche la cura non può essere solo individuale. Richiede comunità capaci di accogliere, ascoltare e trasformare la ferita in memoria viva.
Le radici si ricostruiscono attraverso stabilità, appartenenza, continuità.
Le ali tornano a spiegarsi quando ci sentiamo parte di qualcosa di più grande e possiamo immaginare un futuro nuovo.
Il trauma ci spezza, ma può anche diventare il seme di una trasformazione. Non si tratta di dimenticare, ma di trasformare il dolore in linfa vitale: perché dalle radici ferite possano nascere ali più forti.
Dal mito alla rinascita
Come la psicologia insegna, il trauma frantuma, ma può anche trasformare. La mitologia greca ci offre una potente metafora: Prometeo.
Il mito di Prometeo offre una chiave potente per comprendere il trauma nella vita psichica. Secondo la leggenda, Prometeo ruba il fuoco agli dèi per donarlo agli uomini, un gesto di generosità e ribellione che però gli costa una punizione eterna: Zeus lo lega a una roccia, dove un’aquila gli divora ogni giorno il fegato, che ricresce ogni notte.
In chiave psicologica, questa tortura simbolizza il trauma: un’esperienza troppo intensa o dolorosa per essere elaborata, che si ripete ciclicamente nella mente e nel corpo, lasciando una ferita sempre aperta. Tuttavia, alcune versioni del mito raccontano che Prometeo viene liberato da Eracle, suggerendo che anche un trauma apparentemente senza fine può essere affrontato e superato. Il mito ci mostra così due verità fondamentali: il dolore può lasciare cicatrici profonde, ma esistono modi per elaborarlo e trasformarlo in forza e consapevolezza, proprio come il fuoco donato agli uomini continua a illuminare il cammino dell’umanità.
Allo stesso modo, il trauma può imprigionarci in dolore e paura, ma, se attraversato e trasformato, può diventare fuoco interiore, energia creativa e luce per se stessi e per gli altri. Come Prometeo, anche noi possiamo imparare a portare luce dal nostro dolore, trasformando la ferita in rinascita.
Francesca Peruzzi | Moving Mind